LA NORMA E IL CAOS.

Nella foto sotto è riportata la lettera che ricevono i farmacisti disoccupati che stanno per superare i 5 anni di disoccupazione.

Quello che emerge è che NON viene chiaramente spiegato nella lettera che la riduzione non viene persa se negli anni successivi al 5° di disoccupazione si lavora annualmente per più di 6 mesi e un giorno o per la metà più un giorno del periodo di iscrizione all’Albo.

Ad esempio: l’iscritto a gennaio 2019 lavora nei mesi interi di gennaio e febbraio, smette di lavorare il 1 marzo e poi a fine di marzo si cancella avendo quindi il requisito di lavoro per la metà più un giorno del periodo di iscrizione, e quindi non perde la riduzione.

Quindi: è previsto, ma non scritto chiaramente da nessuna parte, che esiste la possibilità di pagare la quota ridotta dell’85% o quella di solidarietà anche per brevi periodi lavorativi purché questi coprano più del 50% del periodo di iscrizione all’albo. Molti colleghi sono ignari di questo.

Perché ciò non viene esplicitato nella lettera?

Perché questa informazione deve essere estrapolata dal regolamento dall’iscritto o spesso non viene fornita da chi dovrebbe farlo?

In verità anche nel regolamento ENPAF non viene detto A CHIARE LETTERE che anche in caso di iscrizioni SUCCESSIVE alla PRIMA, dopo una cancellazione dall’albo, si può avere la riduzione, se in possesso dei requisiti, anche in un periodo limitato di iscrizione all’albo, all’interno di una anno solare.

Da un’interpretazione letterale del regolamento sembra non essere così: “Per avere diritto a chiedere la riduzione o il versamento del contributo di solidarietà è necessario che l’iscritto si trovi in una delle condizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del presente articolo per un periodo di durata pari, anche per sommatoria, ad almeno sei mesi e un giorno all’ interno dello stesso anno solare ovvero ad almeno la metà più un giorno del periodo di prima iscrizione.”

Si parla sempre e solo di PRIMA iscrizione…Molti colleghi quindi ritengono erroneamente, ma da un’interpretazione “letterale “del regolamento, che superati i 5 anni di disoccupazione in assenza di un lavoro superiore a 6 mesi e un giorno si paghi la quota al 50% e quindi o si allontanano dalla professione rinunciando a lavori di breve periodo, o rimangono iscritti all’albo tutto l’anno nella speranza di lavorare, ma dovendo poi pagare 2,200€ ad ENPAF da disoccupati o precari se non hanno lavorato per più di 6 mesi e un giorno.

Precisato tutto questo, ci chiediamo che senso abbia un regolamento così complicato e se in fondo un regolamento così pasticciato non serva ad ENPAF solamente a fare cassa. Questa norma “perdita bonus disoccupati” non danneggia i titolari di farmacia, ma danneggia i farmacisti precari, i disoccupati e i giovani che passano dalla quota ridotta o di solidarietà alla quota al 50%, e che spesso dopo i 5 anni di disoccupazione abbandonano la professione scomparendo dalle statistiche. Se si tenesse anche conto della disoccupazione dei colleghi che hanno superato i 5 anni, verrebbe fuori un quadro drammatico dei livelli occupazionali per i laureati in farmacia. Forse coloro che sono deputati a cambiare e ammodernare la nostra professione preferiscono dipingere quadri non troppo disastrosi con l’unico fine di mantenere lo status quo?

SOLO NEL 2018 SI SONO CANCELLATI PER VARI MOTIVI DAGLI ORDINI DEI FARMACISTI ITALIANI BEN 2474 COLLEGHI AL DI SOTTO DEI 60 ANNI.

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1 commento

Andrea Leganza 18 Maggio, 2019 alle 12:51 am

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